La terra tremaForte scossa a Napoli. L’eruzione del supervulcano dei Campi Flegrei è sempre più probabile. È vicina?
tchs / pab / SDA
27.9.2023
I Campi Flegrei, vicino a Napoli, sono classificati come un supervulcano. Uno studio italiano mostra che un’eruzione sta diventando sempre più probabile. Ma i risultati non mettono tutti d'accordo. Se il vulcanologo Mastrolorenzo promuove dei migliori piani di evacuazione per una possibile «supereruzione», la sua collega Bianco dice che nessun evento è previsto a breve termine. Incurante di queste opinioni divergenti la terra ha iniziato a tremare con più frequenza e più intensamente. L'ultima volta nella notte tra martedì e mercoledì, con la scossa più forte negli ultimi 40 anni.
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27.09.2023, 10:08
27.09.2023, 22:25
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Hai fretta? blue News riassume per te
Secondo uno studio, l’eruzione del supervulcano italiano Campi Flegrei sta diventando sempre più probabile.
La suscettibilità alle crepe è aumentata e, di conseguenza, è aumentata la probabilità di un'eruzione e di una grave esplosione.
Il vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo, dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), mette addirittura in guardia da un'eruzione dieci volte più potente di quella che ridusse in cenere la città di Pompei, parlando di «supereruzione».
Mastrolorenzo inoltre critica aspramente i piani di evacuazione, che si basano su un tempo di predizione di un eruzione di 72 ore: «È irrealistico». Il pre allarme potrebbe essere lanciato con ritardo.
Francesca Bianco, direttrice dell'Ingv frena il vulcanologo sui Campi Flegrei: «Nessuna eruzione imminente. Ecco come possono cambiare i piani di evacuazione».
Intanto la terra trema con più frequenza. Mercoledì s'è registrata nella notte una scossa di di magnitudo 4.2, che ha fatto scattare le sirene di notte e che risulta essere la più violenta degli ultimi 40 anni.
In Italia le persone sono abituate al pericolo delle eruzioni vulcaniche: il Vesuvio, ad esempio, attira sempre l'attenzione. Adesso però gli esperti avvertono di una grande eruzione, come riportano diversi media.
Non sono il Vesuvio, l'Etna o lo Stromboli a preoccupare, ma piuttosto i meno conosciuti Campi Flegrei, che si estendono fino alla periferia di Napoli. Si trovano a circa 20 chilometri a ovest del Vesuvio, si sviluppano per circa 150 chilometri quadrati e sono classificati come supervulcani.
D'altra parte in questa zona vivono circa 360.000 persone. L'ultima eruzione del supervulcano sarebbe avvenuta nel 1538. Negli ultimi sette decenni è però diventato sempre più irrequieto. Gli esperti parlano di decine di migliaia di piccoli terremoti avvenuti in questo periodo.
Uno studio condotto dall'University College di Londra e dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) in Italia è giunto a una conclusione seria: i Campi Flegrei sembrano essersi indeboliti.
La loro suscettibilità alle crepe è aumentata e, di conseguenza, è aumentata la probabilità di un'eruzione e di una grave esplosione. In una dichiarazione, l’autore principale Christopher Kilburn riassume: «Il nostro nuovo studio conferma che i Campi Flegrei si stanno avvicinando a un’eruzione».
I terremoti stanno sempre più frequenti
Secondo il rapporto, quest’anno le autorità hanno registrato 2.435 scosse nella regione. Quello che sembra già tanto, è ancora più drastico a confronto col fatto che nel 2017 la terra ha tremato solo 120 volte. Secondo il rapporto, l’attività vulcanica, precedentemente elevata, è ulteriormente aumentata.
Naturalmente le eruzioni hanno conseguenze anche per gli abitanti della regione. E queste sono ancora relativamente innocue: si sente odore di uova marce nell'aria e i forti rumori a volte svegliano le persone dal sonno.
Stanotte la scossa più forte negli ultimi 40 anni
Come per esempio la notte scorsa, quella tra martedì e mercoledì, quando si è registrata una scossa alle 3.35, di magnitudo 4.2, che «è stata la maggiore degli ultimi 40 anni» ed «è avvenuto durante uno sciame cominciato martedì mattina alle 5, caratterizzato da 60 eventi di intensità inferiore», come ha detto all'agenzia di stampa italiana Ansa MauroAntonio Di Vito, direttore dell'Osservatorio Vesuviano dell'Ingv.
A Napoli, da Fuorigrotta al Vomero, dalla Riviera di Chiaia a Capodimonte, in molti sono stati svegliati dal movimento tellurico durato diversi secondi oltre che dalle sirene degli allarmi che si sono messe in azione.
«Sicuramente c'è una fortissima attenzione, ha detto De Vito, e stanno partendo squadre per fare controlli siti sensibili, soprattutto Pisciarelli e Solfatara», per rilevare misure relative a temperature ed emissioni di gas.
In tutta l'area dei Campi Flegrei sono inoltre attive 24 ore su 24 stazioni di rilevamento dell'Ingv, ha aggiunto.
Al momento «non si osservano variazioni significative» sugli altri fenomeni legati al bradisismo. Il terremoto di magnitudo 4,2 si deve al fatto che «ci sono parti della crosta terrestre che riescono ad accumulare una maggiore quantità di energia» e che per questo possono generare terremoti più forti.
«Ci sono piccole differenze, dice De Vito, fra questo terremoto di magnitudo 4,2 e quello di magnitudo 3,8 avvenuto il 7 settembre. Entrambi gli eventi fanno parte di una categoria di terremoti di media magnitudo e sono avvenuti nell'ambito di un intenso fenomeno bradisismico, con uno sciame in corso».
Il vulcanologo Mastrolorenzo lancia l'allarme
Ma se si crede al vulcanologo italiano Giuseppe Mastrolorenzo, le cose potrebbero andare molto peggio di quanto suggerisce il rapporto secondo il quale si sta preparando un'eruzione. Mastrolorenzo ritiene che sia del tutto possibile che i terremoti preannunciano una super-eruzione molto più grande di quanto non si pensi.
Cosa significa? Un'eruzione dieci volte più potente di quella del Vesuvio, che ridusse in cenere Pompei nel 79 d.C.
Ecco perché il ricercatore chiede piani di salvataggio migliori. Mastrolorenzo critica il fatto che le persone non siano preparate a un’eruzione del genere e sul sito Open, diretto da Enrico Mentana, critica pesantemente il piano di evacuazione della Protezione civile: «È irrealistico».
Cosa fare in caso di sorpresa? Non si sa
E questo perché il piano parte da uno «scenario probabilistico» che esclude quindi l’ipotesi ben peggiore: l’evacuazione di civili a eruzione in corso.
L'esperto ha rilasciato un’intervista a Radio Radicale dove ha ribadito le convinzioni che porta avanti da tempo: «Se l’eruzione ci coglie di sorpresa dovremmo poter sapere cosa fare e come aiutare la gente, ma tutto questo oggi semplicemente non è stato previsto».
Alcuni incontri delle varie autorità coinvolte, avvenuti negli ultimi giorni, non avrebbero portato a nessun cambiamento nella strategia dei piani d'emergenza.
Cosa prevede il piano d'evacuazione della Protezione civile?
Ma cosa prevede il piano della protezione civile, così aspramente criticato poiché ritenuto non adeguato? Due zone, una rossa e una gialla. Nella prima vivono 500.000 persone e nella seconda 800.000.
In caso d'emergenza sarebbero due le evacuazioni, nella prima zona sarebbe obbligatoria, nella seconda se necessario. Il piano è stato concepito con le informazioni scientifiche fornite dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), nel caso in cui scatti l’allarme a 72 ore da una possibile eruzione nei Campi Flegrei.
Secondo l'esperto però con questa modalità ci son due problemi: un possibile falso allarme o un ritardo non scusabile.
Dodici ore per prepararsi alla partenza
L’evacuazione prevede l’allontanamento dalle zone attraverso i percorsi stradali principali per chi si muoverà da solo. Chi chiederà assistenza invece sarà trasferito in nave, treno o pullman in alcune zone previste dove altri bus porteranno tutti alle aree di incontro.
L’allontanamento dalla zona rossa è previsto in 72 ore ed è cadenzato da delle tappe: entro le prime 12 ore la gente dovrà prepararsi e verrà predisposta la regolazione del traffico. Nelle successive 48 ore partiranno contemporaneamente tutti i mezzi.
Il piano prevede anche un margine di sicurezza di 12 ore, in caso di criticità ed emergenze. L’eruzione, secondo gli esperti, sarà al 95% «minore od uguale a quella di taglia media», sulla base dell’attività vulcanica nella zona degli ultimi 5.000 anni. Da anni, giova ricordare, l’allerta è sul livello giallo.
«Il problema è l'eruzione, non i terremoti»
I terremoti sono più frequenti e per questo più nella memoria collettiva rispetto alle eruzioni, che secondo il vulcanologo Mastrolorenzo sono il problema più importante.
Sempre ai mircofoni di Radio Radicale spiega: «Da parte delle autorità si pone molto l’accento sul rischio sismico, ma nei Campi Flegrei la sismicità non è mai stata particolarmente violenta, mentre il problema vero riguarda il fatto che le scosse attuali possono essere già i precursori dell’eruzione, che potrebbe essere una supereruzione».
Per rendere meglio l’idea, secondo il ricercatore dell’Ingv, l’energia rilasciata sarebbe «decine di volte superiore a quella del 79 d. C. di Pompei».
Non è detto che si abbiano 72 ore di anticipo
Secondo lui realizzare un piano basato sulle probabilità e su un margine orario è un errore di comunicazione: «È grave che si dia per scontato che si riuscirà a prevedere l’eruzione addirittura con 72 ore di anticipo, un'ipotesi molto ottimistica, quasi come se avessimo firmato un contratto con il vulcano».
Anche un solo parametro può rendere vana ogni previsione, spiega Mastrolorenzo: «Il problema è che la valutazione sui livelli di allerta, quando cioé passare a quello arancione e nel caso al rosso, viene presa dalla Commissione Grandi rischi sulla base di esperienze e valutazioni dei singoli membri ed è molto probabile che si arrivi a un falso allarme oppure, peggio ancora, che si ritardi l’evacuazione e ci ritroviamo magari a eruzione già iniziata…».
«Bisogna abbandonare l'approccio probabilistico»
Per il vulcanologo bisogna «abbandonare l’approccio probabilistico del piano di evacuazione e adottare quello deterministico.
Poi specifica: «In pratica dobbiamo metterci in condizione di elaborare un piano che preveda l’allontanamento della popolazione anche durante una fase eruttiva già iniziata».
Questa per il ricercatore è l’ipotesi più probabile, come altre eruzioni hanno dimostrato, come ad esempio quella del Pinatubo nelle Filippine e il Merapi in Indonesia.
È necessario aggiornare il piano attuale, prevedendo vie di fuga radiali e non tangenziali: «Se l’eruzione ci coglie di sorpresa dovremmo poter sapere cosa fare e come aiutare la gente, ma tutto questo oggi semplicemente non è stato previsto».
La direttrice dell'Ingv precisa: «Nessuna eruzione imminente»
Francesca Bianco, direttrice del dipartimento Vulcani dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), risponde all'allarmismo del collega Mastrolorenzo in un'intervista all'ANSA: «Non c’è nessun dato precursore di un’eruzione imminente. Stiamo osservando un fenomeno bradisismico indotto indirettamente da una dinamica vulcanica e nessuno dei dati indica che si tratti del precursore di un’eruzione prossima ad accadere».
Negli ultimi dieci anni, fa sapere l'esperta, sono state condotte alcune operazioni di potenziamento delle attività di monitoraggio, che permettono di rilevare la sismicità in tempo reale. Una condizione che, assicura Bianco, rende Campi Flegrei e Vesuvio «tra i vulcani meglio monitorati al mondo».
L’attività dei ricercatori dell’Ingv nei Campi Flegrei, precisa la vulcanologa, è affiancata da un sistema di analisi avanzate, che individua eventuali cambiamenti ed è in grado di determinare i diversi scenari di pericolosità che si prospettano. «Al momento, precisa Bianco, gli scenari attuali, basati su dati e studi, non ci suggeriscono che ci sia una variazione importante nella dinamica del vulcano tale da suggerire l’approssimarsi di un evento eruttivo».
Piani di evacuazione «irrealistici»?
Francesca Bianco «corregge» Mastrolorenzo pure sui piani di evacuazione, definiti «irrealistici» da quest'ultimo.
«Sono basati sugli scenari che forniamo al dipartimento della Protezione civile» e «per quello che ne sappiamo, i piani esistono da tempo e sono stati consegnati ai cittadini in diversi comuni della zona Flegrea».
Bianco ricorda poi che ci sono stati diversi incontri con la cittadinanza promossi dalla Protezione civile e da alcuni esperti scientifici per la pianificazione di emergenza.
Insomma, esiste «un sistema organizzato», in cui «i piani di emergenza sono basati sull’idea che ci sia un cambio di livello di allerta prima dell’eruzione».