PoliticaSvizzera, verso una nuova iniziativa popolare contro i giudici stranieri
ats
21.4.2024 - 20:30
Si profila una nuova iniziativa contro i giudici stranieri, dopo quella «per l'autodeterminazione» respinta in votazione popolare nel novembre 2018.
21.04.2024, 20:30
21.04.2024, 20:33
SDA
L'annuncia Urs Wietlisbach, cofondatore della società Partners Group, impresa con sede a Baar (ZG) specializzata negli investimenti in altre società e nell'amministrazione patrimoniale, che figura fra le 20 principali aziende quotate alla borsa svizzera.
«Innanzitutto va detta una cosa», esordisce il 63enne in un'intervista pubblicata oggi dal SonntagsBlick. «Investiamo molto in aziende europee». Ma a suo avviso bisogna criticare l'Ue in quanto istituzione. «Ho delle riserve al riguardo. L'Ue è malata sotto molti aspetti. Non credo che si possa fare molto. L'onere normativo dell'Unione europea è schiacciante».
«Quando un'entità è altamente centralizzata diventa burocratica ed è estremamente difficile uscire da questo processo», argomenta l'imprenditore. «La grande forza della Svizzera è la sua struttura decentrata e federalista. L'Ue è completamente diversa da questo punto di vista. Questo vale anche per i singoli stati membri, la maggior parte dei quali è gestita in modo molto centralizzato e burocratico, soprattutto quelli grandi come la Francia o la Germania, ma anche le nazioni dell'est come l'Ungheria e la Polonia».
«Abbiamo un sistema migliore»
«Viaggio spesso all'estero e molti mi chiedono con invidia perché ce la caviamo così bene», prosegue il dirigente che con due colleghi di Partners Group – Fredy Gantner e Marcel Erni (58) – ha fondato Kompass/Europa, associazione che si batte per evitare un legame istituzionale con Bruxelles. «Non siamo più intelligenti dei tedeschi, non lavoriamo nemmeno più duramente, non abbiamo più risorse naturali. Quello che ci rende diversi: abbiamo un sistema migliore. Questa è l'unica cosa».
Secondo Wietlisbach la Confederazione è già ben integrata nello spazio economico del vecchio continente. «L'Ue è un partner importante per noi, ma sta perdendo sempre più terreno nel confronto internazionale. Altre relazioni commerciali – ad esempio con gli Stati Uniti o la regione asiatica – sono molto più dinamiche. È lì che si suona oggi la musica. Inoltre non dobbiamo concentrarci solo sulle dimensioni del mercato europeo. L'Ue regolamenta molto, circa cinque volte più di noi. Non tutte le norme hanno senso per noi. Faremmo bene a rimanere indipendenti in termini di politica estera».
Il Consiglio federale – ricordano i giornalisti del domenicale – dice però che se Berna non si integra a livello istituzionale sarà esclusa. «Già dopo il rifiuto dello Spazio economico europeo si prevedeva che la Svizzera sarebbe stata declassata, invece siamo diventati addirittura migliori degli europei. Gli Stati Uniti hanno una crescita delle esportazioni verso l'Ue molto più alta della nostra, anche se non hanno nemmeno gli accordi bilaterali, e nemmeno la Corea del Sud e la Cina ce li hanno. Un accordo di libero scambio è sufficiente. Dobbiamo essere in grado di commerciare con tutto il mondo. Legarci all'Ue in modo unilaterale sarebbe un errore».
«Stiamo lavorando a pieno ritmo a un'iniziativa popolare», prosegue Wietlisbach. «L'obiettivo è quello di sancire nella Costituzione federale che non vogliamo esternalizzare all'estero la giurisprudenza svizzera, in quanto competenza fondamentale del nostro stato. Questo è il punto. Siamo uno stato sovrano. È inaccettabile che un Consiglio federale esternalizzi anche la legislazione elvetica, in modo dinamico o meno. Non vogliamo assoggettare la nostra politica economica estera ad altre leggi: farlo comprometterebbe completamente la qualità della piazza economica svizzera», conclude l'intervistato.