Pandemia L'Italia riapre il 3 giugno, Gobbi: «pianificazione stravolta»

SwissTxt / pab

31.5.2020

Immagine d'illustrazione
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Ti-Press / archivio

La decisione di Roma sulle frontiere transitabili preoccupa Berna e soprattutto il Ticino. Intanto, come riferisce la RSI, i commerci d’oltre confine sono in crisi.

Il Governo italiano ha confermato venerdì sera la data del 3 giugno per l’apertura dei confini.

Una data non ancora del tutto definitiva, ma che spinge il Canton Ticino a muoversi per capire cosa implica questa decisione unilaterale. Decisione, che afferma il presidente del Consiglio di Stato, Norman Gobbi, alla RSI «ha stravolto la pianificazione in atto».

La decisione di Roma di riaprire i propri confini ai cittadini dell’UE e dell’area Schengen ha spinto il Ticino a chiedere chiarezza a Berna sullo scenario che potrebbe delinearsi, spiega Gobbi: «Grazie ai contatti avuti sabato con la Segreteria di Stato della migrazione, si sono attivare le autorità federali, in particolare le guardie di confine, poiché la dichiarazione dell'Italia ha stravolto la pianificazione orientata a una riapertura dal 15 di giugno».

Cosa succede se unt Ticinese andrà in Italia?

Se l’Italia non dovesse tornare sui suoi passi, da mercoledì agli svizzeri sarà permesso varcare la frontiera, mentre la Confederazione non allenterà, per ora, le limitazioni all’entrata in Svizzera.

Se un ticinese decide di andare in Italia, al ritorno in dogana cosa succederebbe? “Non c’è ancora chiarezza, risponde Gobbi, se e quali condizioni saranno poste, attendiamo chiarimenti dalle autorità federali. Abbiamo dato alcune indicazioni su quelli che potrebbero essere i controlli, se qualcuno andrà in determinate zone ritenute ‘rosse’». 

"Definire apertura coordinata"

Negli scorsi giorni la consigliera federale Karin Keller Sutter ha sottolineato di essere in contatto con la ministra dell’interno italiana Luciana Lamorgese.

La Svizzera continua a guardare al 15 giugno per la riapertura dei confini poiché, spiega ancora Norman Gobbi, «in questa situazione ci sono due concetti cardine da tenere i considerazione: da un lato la sicurezza a livello sanitario per i nostri cittadini, e ricordo che i dati dei nuovi contagi in Lombardia sono, in proporzione, otto volte superiori a quelli registrati in Ticino».

«Dall’altro lato, continua Gobbi, bisogna definire un’apertura coordinata, come auspicato sia dai paesi europei, sia dalla stessa Italia attraverso le dichiarazioni del ministro degli affari esteri Luigi Di Maio, ma anche da parte del Consiglio federale».

Nel frattempo, proprio Di Maio, dal suo account Facebook, ha ribadito di esigere rispetto per l’Italia che, ha dichiarato, «non è un lazzaretto».

Commercianti italiani di confine in crisi

La situazione resta incerta anche per i commercianti italiani appena al di là del confine; commercianti che nell'era pre-Covid-19 facevano affari grazie e soprattutto alla clientela svizzera, in particolare ticinese e le cui entrate sono ora crollate.

«Per noi la ripresa senza il ticinese è come non lavorare perché il nostro giro d’affari si basa per il 95% sulla clientela ticinese e della Svizzera interna, ha spiegato un vinaio alla RSI. «Ma si tiene aperto per fare presenza e dare un segnale di ripresa. Ma fino alla riapertura delle dogane siamo con le mani legate».

«Siamo tutti fermi con le attività, dice dal canto suo una pasticciera,  e siamo in attesa di capire come evolve la situazione. Abbiamo aperto con gli orari ridotti. A dir la verità ci sono alcune attività che non hanno proprio ancora riaperto».

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