LuganoIncendio al White, proprietario condannato a quattro anni
SwissTXT / red
21.10.2022
Il noto commerciante luganese è colpevole di tentata truffa e incendio intenzionale. Condannati anche gli altri quattro coimputati a pene da uno a tre anni, in parte sospese.
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21.10.2022, 12:27
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Il noto imprenditore luganese Bruno Balmelli è stato condannato a quattro anni di prigione, interamente da espiare, per l'incendio intenzionale appiccato nel suo negozio White di Via Nassa. La sentenza, si legge sul sito della RSI, è stata pronunciata venerdì dalla Corte delle Assise criminali di Lugano.
La Corte ha quindi confermato l’ipotesi della tentata truffa e dell’incendio intenzionale. Il rogo era stato appiccato il 12 febbraio del 2021: un incendio che aveva provocato un danno totale per il quale l’assicurazione era pronta a risarcire a Bruno Balmelli, 72 anni, con oltre 2 milioni e mezzo di franchi.
La Corte ha condannato tutti gli imputati seppur rimarcando responsabilità diverse. Le pene vanno da un anno nei confronti di una donna, la cui responsabilità è stata definita marginale, a quella più incisiva inflitta a Balmelli, 72 anni. La sua colpa è stata definita di un’estrema gravità, sia per l’incendio sia per la truffa.
«È stato mosso da un movente economico e non ha esitato a far correre un pericolo all’intera comunità», non ha esitato neppure a coinvolgere una persona a lui vicina nel piano criminale. Il 36enne è stato condannato a 32 mesi (1 anno da espiare).
Per l’autore materiale è stata pronunciata una condanna di tre anni (18 da espiare). Il contatto di Balmelli invece, un 45enne, è stato condannato 34 mesi (16 da espiare) e per lui è stato disposto l'arresto immediato. Per i due, entrambi italiani, è stata inoltre pronunciata l’espulsione dalla Svizzera.
La Corte non ha creduto alla versione di Bruno Balmelli, secondo cui voleva liberarsi solo parte della merce e non sapeva nulla dell’incendio, e questo sulla base di dichiarazioni rese nei primi verbali di interrogatorio e di altre fornite da un 36enne a lui vicino che aveva coinvolto nell’organizzazione del piano; 36enne che è l’unico ad essere stato ritenuto credibile nella sua assunzione di responsabilità.
I fatti, lo ricordiamo, erano sostanzialmente ammessi dagli imputati. Divergevano invece le versioni sulle rispettive responsabilità e conoscenze. «Siamo di fronte alle tre scimmiette: c’è chi non vede chi non sente e chi non parla» ha affermato il presidente della Corte, il giudice Amos Pagnamenta. La Corte ha quindi dovuto in particolare valutare la credibilità delle dichiarazioni fornite dagli imputati.
Non sono state ritenute credibili neppure le dichiarazioni dell’italiano che ha aiutato Balmelli a organizzare il piano (che ha dichiarato che l’idea dell’incendio fosse dell’autore materiale) e neppure dello stesso autore materiale, che sosteneva di aver scoperto solo all’ultimo cosa avrebbe dovuto fare e di averlo fatto sotto minaccia. Lo stesso vale per la quinta imputata, una donna che ha aiutato gli altri.
La posizione delle difese
Ieri, giovedì, hanno parlato i legali dei cinque imputati. Tutti hanno chiesto una sostanziale riduzione di pena per il loro clienti. Secondo il legale di Bruno Balmelli, l’uomo è sì il mandante della tentata truffa, ma la cifra che intendeva ricavare era di circa 200'000 franchi, denaro che gli serviva per pagare i debiti e salvare il negozio.
Non è invece condannabile per il reato di incendio intenzionale che non ha mai preso in considerazione. L'avvocato Ettore Item ha ribadito quanto sostenuto dallo stesso commerciante in aula, ovvero che voleva solo sbarazzarsi di una parte della merce e non «distruggere 50 anni di attività».
Lo stesso discorso, con sfaccettature e responsabilità diverse, è valido anche per gli altri imputati: un 54enne italiano a cui Balmelli si era rivolto per far sparire la merce, l’autore materiale dell’incendio un 38enne sempre italiano e poi un 36enne vicino a Balmelli che ha aiutato gli altri nell’organizzazione del piano.
Nella sua arringa difensiva, l’avvocato Nicola Corti ha sostenuto che l’uomo è stato costretto ad aiutare gli altri perché messo sotto pressione dallo stesso commerciante.
A processo c’era anche una donna, che lavorava nello stesso bar del 54enne campano a cui Balmelli si è rivolto in prima battuta. Ha sempre sostenuto di essere estranea ai fatti e dunque la sua legale Sofia Padlina ha chiesto per lei l’assoluzione. «Ha fatto solo un favore al suo datore di lavoro», ha detto.
Tutte le arringhe sono state segnate da un filo conduttore: quello messo in atto il 12 febbraio 2021 non è stato «un piano diabolico con metodi mafiosi» come ha sostenuto la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo ma piuttosto «un’organizzazione da circo degna della banda bassotti o della trama di un cinepanettone».