Pandemia COVID-19: 136 morti e ancora 5 focolai nelle case anziani ticinesi 

pab

24.4.2020

Raffaele De Rosa
Raffaele De Rosa
Ti-Press

Quasi la metà delle vittime del coronavirus in Ticino sono morte nelle case per anziani. In 39 su 68 di queste non sono stati registrati malati di COVID-19. Sono però ancora 5 i focolai nelle strutture sociosanitarie. Il medico cantonale ha fatto chiarezza sulla genesi, sulla scelta e sul controllo dell'applicazione delle misure adottate negli istituti per gli anziani. 

A prendere la parola in apertura della conferenza stampa odierna è stato Raffaele De Rosa, capo del Dipartimento della Sanità e della Socialità (DSS), che ha ricordato il percorso che ci ha portato fino a oggi.

«Sono trascorsi due mesi dall'annuncio del primo caso in Svizzera, qui in Ticino: era il 25 febbraio. Abbiamo agito come una squadra, come comunità; la società si è fermata. Abbiamo chiesto molto, lo sappiamo. Ma ce l’abbiamo fatta. Abbiamo retto alla  prima onda», ha detto De Rosa.

«Questa situazione è sentita di più dalle persone più vulnerabili: quelle più fragili. La situazione è difficile. La solitudine, già molto presente, può tramutarsi in depressione», ha proseguito il direttore del DSS.

Chiudere le case anziani: «Una decisione molto sofferta»

«Chiudere le strutture per gli anziani è stata, ed è tutt'ora una decisione sofferta. Ci sono stati 136 morti su 299 in case per anziani, che sono, lo ricordo, delle strutture medicalizzate, ma che rimangono case per gli ospiti», ha precisato il ministro. 

«È un luogo di vita. In condizioni normali è una casa aperta. Basta pensare ai vari esempi di centri diurni e di bar, che spesso diventano un punto d’incontro anche per altre comunità, che servono per mantenere e ricostruire la rete sociale per combattere la solitudine», ha continuato il capo del DSS.

De Rosa: «Nuove forme di contatto in futuro»

Ringraziando tutte le professioni coinvolte, De Rosa ha ricordato che «gli anziani vengono accuditi e curati come delle persone care, dei famigliari. Questo rapporto è stato costruito in tanti anni di lavoro. Nemmeno il subdolo virus lo distruggerà».

Cosa ci aspetta nel futuro? «Dobbiamo pensare a nuove forme di contatto, sfruttando la bella stagione alle porte, pensando di incontrarci rispettando la distanza di sicurezza, magari nei giardini. Guardiamo avanti con coraggio e lungimiranza, con tutto quello che abbiamo imparato in questo momento difficile», ha terminato il direttore della sanità e della socialità.

Merlani: «Per noi la crisi è iniziata un mese prima»

«La crisi, per noi - ha esordito il medico cantonale Giorgio Merlani -, è in realtà iniziata il 22 gennaio. Da quando abbiamo avuto le prime notizie dall'oriente che l’epidemia non era controllata. Il 27 gennaio abbiamo svolto la prima riunione degli specialisti per definire, per esempio, cosa era caso sospetto e per stabilire i protocolli».

«Già in quell'occasione abbiamo chiesto a tutte le strutture di verificare la disponibilità delle misure di protezione. Questo ci ha dato un mese di vantaggio per provvedere al materiale», ha proseguito.

Il 25 febbraio, come detto, c'è stato il primo caso in Ticino. «Due giorni dopo, il 27 - ha continuato Merlani - abbiamo divulgato tutte le informazioni necessarie per le case anziani. Il 6 marzo le abbiamo invitate a prestare attenzione al personale e richiamate a una disciplina rigorosa per i visitatori. Tre giorni dopo abbiamo però dovuto introdurre il divieto di entrata».

39 case anziani su 68 senza COVID-19

Secondo Merlani si spiega principalmente «in relazione alla fortuna» il fatto che alcune case per anziani in Ticino non siano state colpite dal coronavirus e altre sì. «Forse nei primi giorni ci sono state delle persone asintomatiche. Impareremo a conoscerlo sempre meglio questo virus. E forse capiremo», ha specificato.

In Ticino, aveva spiegato poco prima il consigliere di Stato De Rosa, su 68 case per anziani 39 non hanno registrato casi di Covid-19.

Il medico cantonale ha poi spiegato, ricordando che gli ospiti delle case per anziani sono circa 4'700 in Ticino, come si controlla la situazione sul territorio, con una raccolta dati centralizzata che avviene ogni tre giorni.

«Sono stati finora inquadrati 911 casi sospetti nelle varie strutture, praticati 817 tamponi su ospiti con sintomi sospetti. Si sono accertati 441 contagi da coronavirus. Ma il numero dei morti non è l’unico parametro. Guardiamo soprattutto quanti casi ci sono e come vengono trattati nelle singole case per anziani», ha aggiunto Merlani.

Ancora cinque focolai, 14 case visitate

Il medico cantonale ha poi spiegato d’aver visitato, con il suo staff, 14 case per anziani, rivestendo il doppio ruolo di organo di vigilanza e quello di consulente.

In qualità di organo di vigilanza il Cantone sta monitorando cinque strutture sociosanitarie. In due di esse sono stati introdotti dei provvedimenti per migliorare la situazione. Per verificare quanto è stato fatto è stata chiesta tutta la documentazione del caso, ha spiegato il medico cantonale.

Per stabilire se in una sruttura c’è un focolaio «si devono prendere in conto almeno due fattori: - ha continuato - il numero di casi e quanto tempo passa tra l’apparizione da un caso all'altro, per stabilire se ci sia una trasmissione nell'istituto o meno».

Dal risultato di queste analisi si è scoperto che in cinque case per anziani ci sono ancora dei focolai, tre sono ancora attivi (ci sono ancora delle trasmissioni all'interno), due in via di estinzione (non ci sono nuovi casi).

Sono 29 i pazienti inviati in ospedale dalle case per anziani. Sui 169 operatori sanitari del settore che hanno presentato sintomi, invece, 104 sono risultati positivi. Si tratta dell'1,8% del totale dei dipendenti.

I numeri dell'epidemia

Intanto, stamattina, il bilancio in Ticino si è ancora aggravato. Sono 299 i decessi (+1 rispetto a 24 ore prima) e 3'121 i contagi (+15) registrati dall’inizio della pandemia. 

A livello nazionale, in Svizzera e Liechtenstein, 181 persone sono state infettate dal Covid-19 nel giro di un giorno, per un totale di 28'677 casi confermati in laboratorio.

Le nuove infezioni si sono quindi affievolite per diversi giorni consecutivi. Ieri ne sono state segnalate 228.

Il virus e i picchi di mortalità

La mortalità in Ticino, con il diffondersi del Covid-19, ha subito un’impennata rispetto a quella registrata nel quinquennio precedente a partire dal 9 marzo 2020. 

Lo si evince dai dati settimanali sul movimento naturale della popolazione resi noti venerdì dall’Ufficio federale di statistica. Tra la metà di marzo e la metà di aprile si sono registrati quasi 500 decessi.

Praticamente il doppio (+98%) rispetto ai circa 250 registrati in media negli anni precedenti. Dagli stessi emerge che il picco è stato raggiunto tra il 30 marzo e il 5 aprile. Quest’anno nella settimana 14 vi sono stati 145 decessi (+ 123%).

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