USA 2020 «Per Trump diventa sempre più difficile vincere»

gbi

12.7.2020

Donald Trump o Joe Biden: tra quattro mesi, gli Stati Uniti eleggeranno il loro presidente. Chi è in testa in questa campagna elettorale caratterizzata dallo stato di emergenza? E cosa farebbe Donald Trump in caso di sconfitta? Marco Steenbergen, esperto in questioni statunitesti, risponde a queste domande.

Tra coronavirus, economia traballante e proteste di massa contro il razzismo, gli Stati Uniti attraversano una fase di forti turbolenze, quattro mesi prima delle elezioni presidenziali. Né il presidente repubblicano degli Stati Uniti Donald Trump (74 anni), né il suo avversario designato, il democratico Joe Biden (77 anni), sono in grado di condurre una campagna elettorale normale.

Cosa implica tutto questo per le elezioni previste il 3 novembre? Intervistato da «Bluewin», Marco Steenbergen, esperto in questioni relative agli Stati Uniti e politologo all’università di Zurigo, ci dà il suo parere.

Signor Steenbergen, Donald Trump ha già attraversato innumerevoli crisi nel corso del suo primo mandato. Ci sono segni che stavolta potrebbe inciampare?

Sì, ce ne sono. In questi ultimi mesi, la situazione si è fortemente deteriorata per Donald Trump. All’inizio dell’anno, avrei detto che i democratici avrebbero avuto difficoltà a vincere – avrei parlato di una «uphill battle» («battaglia ardua»). Oggi, le cose sono completamente diverse.

A proposito di Marco Steenbergen

Marco Steenbergen è docente di Scienze politiche all'università di Zurigo. Uno dei suoi principali ambiti di ricerca è la politica statunitense. Ha studiato ad Amsterdam, così come all'università Stony Brook, nello Stato di New York. 

E perché dunque?

Ciò è dovuto alla convergenza di diverse crisi. Inizialmente c’è stata l’emergenza coronavirus, nella quale, secondo molti statunitensi, Donald Trump sta dirigendo male il Paese. A ciò si è aggiunta la grave crisi economica che prosegue ancora. Anche qui, il governo ha fatto degli errori: numerosi cittadini aspettano ancora degli aiuti finanziari. E anche il movimento «Black Lives Matter» ha un’influenza importante sull’evoluzione dell’opinione pubblica negli Stati Uniti. Tutto ciò contribuisce al fatto che, in questo momento, Donald Trump non sia messo bene nei sondaggi d’opinione.

La situazione era tuttavia molto simile durante le elezioni del 2016 contro Hillary Clinton, non è vero?

Vedo comunque due grandi differenze. Prima di tutto, Joe Biden riesce a conservare un vantaggio importante che è aumentato ancora di più ultimamente. Hillary Clinton non godeva di questa stabilità nel 2016. E secondariamente, ci sono gli swing states, di strategica importanza, che votano talvolta repubblicano, talvolta democratico. Anche se i sondaggi devono essere presi con le pinze, tutto porta a credere che Donald Trump avrà difficoltà a conquistare Stati come il Michigan, la Pennsylvania e il Wisconsin. L’hanno aiutato a vincere nel 2016, ma oggi Joe Biden è costantemente in testa. E anche negli Stati in cui le possibilità di quest'ultimo sono stimate al minimo, come la Georgia e l’Arizona, si prevede un testa a testa con Donald Trump.

Joe Biden, tuttavia, non è celebre per le doti espresse in campagna elettorale. Sarà capace di mobilitare sufficientemente gli elettori democratici?

Penso che sia piuttosto efficace nei segmenti decisivi dell'elettorato. Uno degli insegnamenti delle elezioni del 2016 è stato che Hillary Clinton non era riuscita a mobilitare gli elettori afro-americani e quelli latino-americani. Joe Biden penetra meglio in questi due gruppi. Tuttavia, risulta sempre svantaggiato nella conquista dei più giovani: non riesce ad esprimere l'energia necessaria per guadagnare punti in questo elettorato. Dovrebbe lavorare su questa mancanza. Ma non penso che ciò possa causargli grandi problemi. I rischi potrebbero piuttosto venire dalla crisi del coronavirus e dalle misure di confinamento.

A proposito: come si svolgeranno le elezioni? Di recente l'opzione del voto per corrispondenza è stata evocata sempre più spesso.

In numerosi Stati si sta chiedendo di votare per corrispondenza e in altri, d'altra parte, tale pratica è  già in vigore da parecchio tempo, ad esempio in Oregon. Ma chiaramente è compito di ciascuno decidere in che modo operare. E negli Stati nei quali i repubblicani sono al potere, cercheranno di ostacolare tale pratica, o per lo meno di non incoraggiarla attivamente.

Donald Trump non è un amante del voto per corrispondenza. Cosa non gli piace?

Fa di tutto per impedire il voto per corrispondenza. È strano, perché non si sa assolutamente se tale pratica rappresenterebbe effettivamente uno svantaggio per lui. Le ricerche sul tema non hanno mai dimostrato che i democratici o i repubblicani sarebbero chiaramente favoriti. A mio avviso, ciò potrebbe semplicemente costituire un primo elemento che permetterebbe a Donald Trump di parlare di elezioni «truccate». Se dovesse perdere a novembre, potrebbe evocare tale ragione per giustificare la non validità dei risultati.

Donald Trump accetterebbe una sconfitta a novembre?

Su questo ci sono dei dubbi. Attualmente sono sempre più forti le voci secondo le quali si potrebbe ritirare ancor prima del congresso del Partito repubblicano. Il che gli permetterebbe di scongiurare il rischio di essere considerato come un perdente. È una teoria. Ma se si presenta e perde di poco, potrebbe sempre ignorare i risultati delle elezioni e tentare di rimanere alla Casa Bianca. Questa questione è stata già trattata pubblicamente poiché, per quanto ne so io, non esistono precedenti. Con la personalità di Donald Trump, potrei immaginare perfino un comportamento del genere. Soprattutto se le elezioni saranno un testa a testa. 

È la prima volta che sento parlare di questa voce secondo la quale Donald Trump potrebbe abbandonare la corsa. È qualcosa che si addice ad una personalità di questo tipo? In fondo è un combattente...

... ma è anche il più classico dei narcisisti. E l'idea di ritirarsi quando la sconfitta è imminente, piuttosto che perdere la faccia, si addice perfettamente ad una personalità simile. Se si ritira di propria iniziativa, potrà probabilmente digerirlo meglio. Detto ciò, ha comunque molto da perdere: in quanto presidente, è protetto da numerosi problemi giudiziari. E alcuni Stati, in particolare quello di New York, avvieranno procedimenti contro di lui non appena smetterà di esercitare le sue funzioni. Non so dunque fino a che punto questo scenario sia realista, ma non posso escluderlo.

Chi prenderebbe il testimone tra i repubblicani in un caso simile?

Il partito repubblicano dovrebbe chiarire questo punto. Al congresso d'investitura del partito, ad agosto, si potrebbe assistere a più candidati che si affrontano per parecchi scrutini prima che uno di loro ottenga la maggioranza dei voti. Mike Pence, vice di Trump, potrebbe far parte della corsa. Ma la sua vicinanza al presidente potrebbe anche essergli fatale.

Donald Trump avrà poche possibilità di vincere soltanto con lo zoccolo duro dei suoi elettori. Come intende conquistare gli indecisi?

È un grande problema: non ha ancora potuto esporre cosa intende fare in un secondo mandato. Né spiegare perché gli elettori indipendenti dovrebbero preferirlo a Joe Biden. Probabilmente avrebbe voglia di dire: «I mercati finanziari stanno bene, l'economia sta bene, dunque votate per me». E penso che lui speri ancora in una ripresa rapida e forte dell'economia per poterne parlare. Ma la realtà sembra diversa al momento e Trump comincia ad abbordare altre questioni. «Law and Order», ovvero «legge e ordine», rappresenta la sua risposta al movimento «Black Lives Matter», ad esempio. Ma dubito che ciò possa fargli guadagnare nuovi elettori. Perché la maggioranza degli statunitensi vede di buon occhio tale movimento.

Donald Trump arriva a un meeting della campagna elettorale a Tulsa, in Oklahoma.
Donald Trump arriva a un meeting della campagna elettorale a Tulsa, in Oklahoma.
Keystone/AP Photo/Evan Vucci

Come osservatori, abbiamo la sensazione che la società statunitense sia scissa in due campi avversi. È un'impressione corretta?

Il Paese è in effetti molto più polarizzato rispetto ad altri periodi. Certo, gli Stati Uniti sono ancora lontani da una guerra civile, ma non c'è più un consenso di base, come negli anni Ottanta e Novanta. Colmare questi divari rappresenterà dunque una missione molto importante per il futuro presidente. In questo senso, è allo stesso modo interessante notare che Joe Biden ha adottato un linguaggio molto ottimista in questa campagna elettorale. Parla sempre del Paese nel suo insieme e pronuncia frasi del tipo: «Usciremo più forti da questa crisi». Tale retorica assomiglia a quella di Ronald Reagan all'epoca, e spiega chiaramente l'idea di Joe Biden di condurre un lavoro complessivo e costruttivo sulla società statunitense. 

Oggi scommetterebbe su una vittoria di Donald Trump o di Joe Biden?

In questo momento scommetterei su Joe Biden. Ma mi ricordo molto bene del fatto che il giorno delle elezioni del 2016 affermai pubblicamente che Hillary Clinton avrebbe vinto (ride). In quattro mesi possono accadere ancora moltissime cose. A Donald Trump manca tuttavia il tempo se vuole rimettere in carreggiata l'economia. L'esperienza dimostra che gli elettori fondano le proprie scelte soprattutto sulla base della situazione economica riscontrata ogni anno nel mese di agosto. Per cui, di giorno in giorno, diventa sempre più difficile per lui vincere. È per questo che punterei - prudentemente - su Joe Biden. 

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