Il giorno del giudizio è arrivato. Ed è pure passato. Budapest è finita sulla graticola al COREPER – ovvero il Comitato che riunisce i rappresentanti permanenti presso l'Unione europea – per i viaggi spericolati del premier Viktor Orban ed è stata «bacchettata» da 25 Stati membri, praticamente all'unanimità.
Keystone-SDA
10.07.2024, 21:01
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Un messaggio chiaro – un cartellino giallo, è stato definito – che però non comporta nessuna misura pratica. «Non sono a conoscenza di nessuna proposta per abbreviare la nostra presidenza», ha assicurato il ministro ungherese per gli affari europei Janos Boka commentando con i giornalisti i gossip della vigilia.
Molto rumore per nulla, vien da pensare. Eppure nel lessico diplomatico dell'UE già si tratta di roba forte. Tant'è vero che l'udienza si è tenuta a porte chiuse – solo gli ambasciatori ammessi nella sala, una procedura inusuale – appositamente per ridurre le fughe di notizie. D'altra parte a quello serve la presidenza di turno: stilare l'agenda.
L'Ungheria, nel corso della discussione, ha sostenuto che le visite di Orban erano «strettamente bilaterali» e solo per «sondare la fattibilità e le condizioni per un cessate il fuoco».
Argomentazione poco «credibile»
Ma ben 25 ambasciatori – a quanto si apprende solo la Slovacchia non ha preso la parola – hanno detto molto chiaramente che tale argomentazione «non era credibile», visti «i tempi, la sequenza degli incontri, l'uso degli hashtag della Presidenza di turno nelle comunicazioni ufficiali» e, non ultima, la reazione del rpesidente russo Vladimir Putin.
«I confini erano chiaramente e deliberatamente confusi, Orban è andato contro la lettera e lo spirito delle conclusioni del Consiglio europeo danneggiando così l'unità dell'UE», confida una fonte diplomatica.
Boka ha respinto le accuse
Il ministro Boka ha però indossato le vesti dell'avvocato difensore, respingendo punto per punto le accuse. Orban, ha assicurato, oltre ad aver informato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel sul contenuto dei suoi scambi ha contattato «altri leader europei». «Ora – ha evidenziato – tocca agli Stati membri e alle istituzioni dell'Ue decidere cosa farne di queste informazioni».
Boka, incalzato dai giornalisti, ha sostenuto che non c'è un «protocollo concordato» su come gestire le comunicazioni di viaggi così sensibili e che Orban si è mosso con «spirito di servizio», consapevole delle proprie «responsabilità», e non ha mai voluto parlare a «nome dell'UE». Dunque si procede così, su due pianeti distinti: l'universo Orban e il resto dell'UE. Sì, la nostra è una presidenza «peculiare», si è limitato a concedere Boka.
In realtà nel corso del COREPER il servizio giuridico ha presentato una valutazione «chiara e forte» sul fatto che tutti gli Stati membri sono vincolati dal principio della «cooperazione sincera» e che la Presidenza di turno ha solo un ruolo «limitato» nella rappresentanza esterna dell'UE. Come dire, basta così.
Che Orban comprenda il suggerimento, è tutto da vedere. Nessuno, per ora, «ha sollevato la questione della fine o della riduzione della durata della presidenza», conferma un diplomatico. C'è chi fa notare però che al primo consiglio informale organizzato in Ungheria i ministri scarseggiavano. Per Budapest è solo una casualità.