Polemiche in Italia Sgarbi non si fa «dimettere». Il duello con Palazzo Chigi

SDA

5.2.2024 - 21:01

«Mi dimetto». «Anzi, no, non mi dimetto». «Mi dimetterò». Ma per ora mi 'autosospendo'. Dopo la delibera dell'Antitrust che dichiara nei fatti l'incompatibilità tra le attività svolte da Vittorio Sgarbi e il suo incarico di sottosegretario italiano alla Cultura, quello che si apre tra il critico d'arte e il governo è una «trattativa» in piena regola. O meglio un «duello».

Vittorio in una foto del gennaio 2024, a Roma.
Vittorio in una foto del gennaio 2024, a Roma.
IMAGO/ZUMA Wire

Keystone-SDA

Dopo la dichiarazione della premier italiana Giorgia Meloni, che da Tokyo dice senza esitazione di voler «accogliere» le sue dimissioni, la vicenda sembrava avviata all'epilogo.

E invece, siccome «Sgarbi è uomo ricco di sorprese», come si osserva nella maggioranza, lui rilancia. Va bene, «mi dimetto», assicura, ma «in due tempi», cioè solo dopo la pronuncia del Tribunale amministrativo regionale (Tar) «al quale sicuramente ricorrerò» per contestare la delibera dell'Antitrust che «non è definitiva», visto che consente «di presentare ricorso».

Una delibera che non solo considera «sbagliata», ma che, a suo dire, andrebbe «estesa» ad altri esponenti del Governo italiano.

Perché il dietrofront? Meloni non gradisce

«Non per ritorsione – precisa – ma per rispetto delle istituzioni alle cui decisioni io mi sono rimesso». Sgarbi chiede, quindi, a Giorgia Meloni di farsi «garante dell'integrità del governo quanto a possibili incompatibilità». Ricordandole, tra l'altro, che anche lei «scrive libri».

Ma la premier a stretto giro reagisce: «Mi auguro che Sgarbi, che ha potuto contare su un governo che attendeva degli elementi oggettivi, non si aspetti che quello stesso governo decida per altri con elementi che non sono oggettivi, perché sarebbe obiettivamente eccessivo».

Insomma, quella che Sgarbi lancia a Meloni ha tutto il sapore della «sfida». Dice di volerla «incontrare al più presto per chiarire la sua posizione». E di essere pronto a dimettersi non appena lei glielo chiederà ("Sarò contento di consegnarle personalmente la mia lettera di dimissioni").

La versione di Sgarbi

Ma intanto non fa alcun passo ufficiale. Annuncia solo «un'autosospensione» che di fatto, si conferma nel centrodestra, «non vuol dire nulla».

Il «non ancora ex sottosegretario», come lui si definisce ironico, invade i media per fornire la sua «versione»: prima con una lettera aperta a Meloni pubblicata sul «Corriere della Sera», poi con comunicati e interviste Tv.

A parole, assicura di essere pronto a lasciare il posto al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ("Non voglio più esercitare le deleghe"), ma solo dopo che il Tar si sarà pronunciato contro un provvedimento che bolla come «ingiusto» anche perché considera «attività professionale» il suo «presentare libri» o «tenere tavole rotonde» e «convegni su Tintoretto o Caravaggio».

E poco importa che lui agisca attraverso due società che fanno capo alla compagna o al suo più stretto collaboratore, come si rimarca nella delibera, perchè questo, si difende è «il mio modo di comunicare l'arte». E lui è pronto a difendersi.

L'intervento di Salvini, del PD e dei 5 Stelle

Nell'attesa, Matteo Salvini sottolinea come una lettera formale di dimissioni ancora non ci sia ("Io non l'ho letta"), mentre l'opposizione attacca e sollecita l'intervento del ministro della Cultura italiano Gennaro Sangiuliano «rimasto sinora silente».

Il Partito democratico (Pd), con Irene Manzi, ricorda come una «situazione del genere non sia mai accaduta prima» e di come le istituzioni siano state gettate «nel ridicolo e nell'imbarazzo».

Mentre il Movimento 5 Stelle propone una via d'uscita a Giorgia Meloni: il centrodestra voti la mozione delle opposizioni contro Sgarbi fissata in Aula alla Camera il 15 febbraio. «Speriamo non si debba arrivare a tanto – si commenta tra i Fratelli d'Italia- siamo certi che lui alla fine si dimetterà prima».

Se il governo «mi chiederà dimissioni immediate, può farlo e io posso darle e le darò, ma per presentare il ricorso» al Tar, spiega Sgarbi, c'è una «procedura che richiede il suo tempo». Intanto, si attendono le su dimissioni non solo dal governo, ma anche da sindaco di Arpino.

La «lunga agonia» che, secondo il critico d'arte, dovrà vivere il governo in attesa che lui lasci «purtroppo è la stessa dei cittadini di Arpino a causa di un sindaco assente, che non dà risposte alla comunità», dichiara il segretario provinciale del Pd di Frosinone Luca Fantini.