L'intervista Il sociologo: «I giovani non risparmiano per la pensione? È normale»

hm, ats

27.9.2024 - 16:01

Non è mai facile essere giovani.
Non è mai facile essere giovani.
Keystone

I giovani non risparmiano in vista della pensione? È normale, hanno visto nella propria famiglia come tutto cambia molto rapidamente, il loro orizzonte temporale non può quindi essere di 40 o 50 anni. Lo afferma Sandro Cattacin, professore di sociologia e ricercatore.

«Per risparmiare, bisogna innanzitutto avere del denaro», puntualizza il 61enne in un'intervista al periodico Beobachter, da oggi in edicola. «La maggior parte dei giovani non ce l'ha e quando avanzano dei soldi preferiscono spenderli per essere un po' più felici. Sarebbe logico risparmiare, ma molti non ci riescono. Altri si dicono: sono ancora giovane, voglio prima vivere. Ma soprattutto, nulla è più certo: i giovani di oggi sperimentano la diminuzione dei salari reali e del potere d'acquisto. Ciò che sembra sensato oggi è sbagliato domani. Chi sa cosa succederà tra 40 o 50 anni? È un orizzonte temporale troppo lungo».

«Le azioni sono per chi ha soldi»

Detto così sembra però un po' una scusa, ribatte la giornalista del bimestrale: se si considera l'effetto dell'interesse composto, è chiaro che risparmiare conviene anche per piccole somme, e tanto più quanto prima si inizia, inoltre con gli investimenti azionari si può prevedere un rendimento a lungo termine del 5-6% all'anno.

«Le azioni sono per chi ha soldi», ribatte il docente all'università di Ginevra. «Inoltre quelli sono i guadagni medi del passato: nessuno sa cosa ci riservi il futuro. Qualche anno or sono nessuno avrebbe pensato che Credit Suisse avrebbe cessato di esistere. I giovani pensano molto al futuro, ma non certo alla loro pensione. Questo è troppo lontano dalla realtà della loro vita».

«I giovano non pianificano il proprio futuro a lungo termine»

«I nostri studi mostrano che i giovani sono molto preoccupati per il futuro», prosegue lo specialista. «Ma lo sono per il futuro del mondo: non pianificano il proprio futuro a lungo termine», osserva.

Un tempo si pianificava la formazione, la famiglia, l'auto e la casa, in una prospettiva di 20-30 anni. «Se chiedete ai giovani di oggi, vi risponderanno qualcosa del tipo: voglio finire gli studi e poi vedere. È un orizzonte di pianificazione di forse 18 mesi».

E perché è così? «Conoscono le storie di perdita del lavoro, di cambio di alloggio e di modifica di carriera non solo per sentito dire, ma anche dalle loro stesse famiglie. Imparano che nulla dura per sempre e che è impossibile pianificare il futuro nel mondo di oggi. Il futuro è diventato meno prevedibile».

«Ci troviamo forse sull'orlo di un grande cambiamento sociale»

«Ci troviamo forse sull'orlo di un grande cambiamento sociale. Se si guarda alla storia, il cambiamento è sempre arrivato dai giovani. E prima c'erano sempre stati segnali simili, come tassi di depressione più elevati e una generale mancanza di speranza per il futuro. All'indomani del 1968, abbiamo avuto una cultura giovanile distruttiva: era eroico morire giovani, ad esempio di eroina. Questo movimento è stato concepito per non guardare al futuro. Anche il movimento punk degli anni '80 è andato di pari passo con l'aumento dei tassi di suicidio e con una grande mancanza di prospettiva. Guardando al passato, questo è stato un segno di cambiamento».

«I giovani soffrono molto di più per lo stato del mondo»

E oggi? «Anche prima della pandemia di Covid, il numero di giovani con pensieri suicidi o problemi di salute mentale era in aumento. Rispetto alle crisi precedenti i giovani soffrono però molto di più per un mondo che sembra un'apocalisse. Non si tratta più principalmente di problemi di autonomia soggettiva, identità o intimità, ma dello stato del mondo. Il cambiamento climatico, la discriminazione di singoli gruppi di popolazione, le guerre: tutto si unisce. I responsabili di queste crisi sono coloro che oggi sono al comando. I giovani vogliono emanciparsi da loro», conclude l'esperto.

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