Guerra in Medio Oriente Israele: «Una settimana per arrivare a un accordo o entriamo a Rafah»

SDA

3.5.2024 - 21:00

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu 
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu 
KEYSTONE

Una settimana di tempo per fare l'accordo o l'Idf entrerà a Rafah, nel sud della Striscia. Israele stringe i tempi e lancia l'ultimatum ad Hamas: basta con l'altalena nelle trattative al Cairo, è ora di scegliere. Ma la fazione islamica non ci sta: il premier Benyamin Netanyahu, ha accusato un suo esponente, mira a far fallire le chance di tregua. Mentre al Cairo è arrivato il capo della CIA, William Burns, per spingere su un'intesa ancora in bilico.

3.5.2024 - 21:00

Secondo il Wall Street Journal, che cita fonti egiziane, lo Stato ebraico ha «notificato» ad Hamas che se l'accordo per un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi non verrà raggiunto entro sette giorni, l'esercito entrerà nella città più a sud di Gaza, a ridosso dell'Egitto, dove sono stipati oltre un milione di sfollati.

Il membro dell'ufficio politico di Hamas, Hossam Badran, ha rintuzzato l'ultimatum di Israele spiegando che i suoi negoziatori stanno attualmente discutendo, a livello interno e con altri gruppi armati palestinesi, la proposta di tregua trasmessa alla fine di aprile, prima di tornare al Cairo, dove si svolgeranno i negoziati indiretti con Israele.

Per questo, Netanyahu ha convocato per domenica il Gabinetto di guerra e, a seguire, quello di sicurezza, due momenti politici importanti per qualsiasi decisione. Anche quella del varo definitivo della legge che ferma le attività in Israele di Al Jazeera, emittente del Qatar.

Ingresso a Rafah osteggiato da USA e comunità internazionale

L'ingresso israeliano a Rafah è fortemente osteggiato dagli Stati Uniti e dalla comunità internazionale. Non è un caso che il segretario di Stato Usa Antony Blinken, per evitare l'evenienza, abbia più volte in questi giorni spinto Hamas a siglare l'intesa.

Anche il segretario dell'Onu Antonio Guterres oggi ha «implorato» Hamas e il governo israeliano «di raggiungere un accordo». «Senza questo – ha spiegato – le conseguenze della guerra sia a Gaza sia in tutta la regione peggioreranno in modo esponenziale».

Sulla leadership politica e militare israeliana pende poi sempre di più la possibilità che la Corte penale internazionale dell'Aja emetta mandati d'arresto per crimini di guerra. Il procuratore capo Karim Khan ha respinto i tentativi di «intimidire» la Corte dopo l'incontro on line di un gruppo di senatori bipartisan Usa con alti funzionari della Cpi in cui è stata espressa preoccupazione per i possibili mandati di arresto.

Khan ha chiesto che «tutti i tentativi di ostacolare, intimidire o influenzare impropriamente i suoi funzionari cessino immediatamente».

A inasprirsi sempre più anche lo scontro tra Turchia e Israele

E ad inasprirsi sempre più è anche lo scontro tra Turchia e Israele, dopo la decisione di Ankara di tagliare completamente l'interscambio con lo Stato ebraico (che vale 9,5 miliardi di dollari). «Non potevamo stare a guardare. La situazione è inaccettabile», ha denunciato il presidente turco Erdogan spiegando che la mossa è per costringere Israele a firmare la tregua.

Poi ha accusato Netanyahu «di non avere una coscienza». «Erdogan, il dittatore che sogna di essere sultano – ha ribattuto il ministro degli Esteri a Gerusalemme Israel Katz – lavora al servizio di Hamas, viola gli accordi e vuole danneggiare Israele, ma in realtà danneggia i palestinesi che finge di aiutare. Lavoreremo – ha aggiunto – per ridurre ogni legame finanziario tra lui, l'Anp e Gaza».

Al 210mo giorno di guerra, Israele continua nelle sue operazioni nel sud e nel nord di Gaza. Al Jazeera ha riferito di «unn attacco aereo notturno su una casa nel nord di Rafah che ha causato 7 vittime, di cui 4 bambini». Intanto si è saputo che due israeliani ritenuti finora ostaggi di Hamas sono stati invece uccisi il 7 ottobre nell'attacco della fazione islamica.

Il primo è Dror Or, del kibbutz Beeri, il cui corpo è stato portato dai miliziani a Gaza. Il secondo è Elyakim Libman, identificato in Israele dopo una lunga e complessa indagine tecnico forense.

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