Elezioni in Catalogna Puigdemont rilancia la sfida a Sanchez: «Io presidente del Governo»

SDA

13.5.2024 - 19:44

L'ex premier regionale catalano Carles Puigdemont
L'ex premier regionale catalano Carles Puigdemont
sda

«Mi vedo presidente, sì. Altrimenti non mi presenterei all'investitura, non farei teatro». Nonostante le elezioni di domenica in Catalogna abbiano dato una vittoria chiara in voti e seggi ai socialisti del Psc, il leader indipendentista di Junts per Catalunya, Carles Puigdemont, non rinuncia a rivendicare la presidenza.

13.5.2024 - 19:44

E raddoppia la sfida al premier Pedro Sanchez. Dal sud della Francia Puigdemont ha infatti annunciato la sua candidatura alla guida di un governo di minoranza dei partiti del campo separatista – con Junts, Esquerra republicana e l'anticapitalista Cup – che pure hanno perduto dopo tredici anni l'egemonia nella Camera catalana.

È stata una debacle per gli indipendentisti di Esquerra Republicana (Erc), scivolati con 20 seggi dietro Junts, seconda forza con 35, tanto da spingere il presidente uscente Pere Aragones a fare un passo indietro e «abbandonare la prima linea politica».

Aragones ha confermato che Erc si smarca dai giochi e starà all'opposizione. «Non faciliteremo un investitura del Partito socialista, né parteciperemo a operazioni che comportino un'intesa fra Junts e Psc», ha chiarito l'esponente di Esquerra in risposta al rilancio di Puigdemont. Che minaccia anche di rimettere in discussione il suo appoggio all'esecutivo di Pedro Sanchez.

Puigdemont ha «avviato i primi contatti»

L'ex presidente in esilio ha annunciato di «aver avviato i primi contatti» per il suo programma e preme su Erc perché blocchi un'alleanza tripartita progressista con i socialisti e Comuns-Sumar, che raggiungerebbe i 68 seggi della maggioranza del Parlamento catalano.

Tuttavia, anche se i numeri quadrano, il veto di Esquerra complica la designazione di Salvador Illa a governatore. E frena anche l'ambizione di Puigdemont a guidare un governo minoritario indipendentista, che per nascere dovrebbe ottenere almeno l'astensione dei socialisti.

Da Madrid e Barcellona, questi ultimi hanno replicato picche all'unisono: «Che sia molto chiaro a Puigdemont, non sosterremo una sua investitura» a governatore «neanche se minaccia di bloccare il governo spagnolo», ha segnalato la portavoce dei socialisti catalani, Nuria Parlon.

Salvador Illa, che ha mano libera nei negoziati, non ha escluso nessuna forza politica, eccetto l'estrema destra di Vox e il partito anti islamico e secessionista Aliança Nacional. E ha confermato di aver già avviato colloqui per sondare l'ipotesi di un tripartito, che vede Erc come interlocutore principale. Ma la strada sembra in salita e il gioco degli equilibri complesso.

I risultati delle elezioni «non avranno alcuna ripercussione sulla governabilità» di Sanchez

Dal quartier generale socialista di Ferraz insistono sul fatto che i risultati delle elezioni catalane «non avranno alcuna ripercussione sulla governabilità» dell'esecutivo Sanchez.

Che «ha visto premiata la politica di riconciliazione e di distensione» portata avanti dal 2018, per superare la lunga stagione divisiva del processo indipendentista in Catalogna, con gli indulti ai leader separatisti, la soppressione del reato di sedizione nel Codice penale e per ultima l'amnistia, che si prevede sia approvata in via definitiva nella prossime settimane al Congresso.

«Avevamo ragione», ha celebrato Pedro Sanchez, enfatizzando «l'effetto curativo del perdono» varato dopo aver ceduto alle richieste dei partiti catalanisti che sostengono la coalizione Psoe-Sumar. Si direbbe un monito a Puigdemont, il principale beneficiario dell'amnistia, che ancora non è in vigore e dovrà poi essere applicata.

L'ex ‹president› pone il veto a un altro possibile scenario

L'ex 'president' intanto pone il veto anche a un altro possibile scenario di un eventuale governo minoritario Psc-Sumar che potrebbe contare sull'astensione del Partito Popolare, come è già avvenuto al Comune di Barcellona. «Se il Psc abbraccia il Pp come ha fatto a Barcellona, resta senza contenuto l'accordo che abbiamo a Madrid», ha avvertito Puigdemont.

Senza nascondere che, in caso di fallimento e dell'impossibilità di formare un governo in Catalogna, l'ipotesi di un ritorno alle urne ad ottobre non sarebbe per lui un gran male. Già amnistiato, potrebbe condurre la campagna elettorale in Catalogna e, intanto, ricostruire l'unità perduta delle forze indipendentiste.

SDA